Troiane

Troia è perduta. Ancora risuonano nell’aria gli echi dell’ ultima battaglia, dell’ultimo massacro. Non si contrappongono più due eserciti, ma l’umana schiera dei vinti e la superbia dei vincitori. Si consuma la solita serie di violenze, stupri, vendette dei vincitori sui vinti. Povera cronaca di una guerra combattuta 1.200 anni prima di Cristo, come delle guerre di oggi. Le donne troiane, che la guerra ha reso vedove, orfane; ha privato dei figli, dei fratelli, di tutti gli affetti, attendono di conoscere la loro sorte e si abbandonano a un dolente pianto consolatorio. Ma questa è solo la superficie, ché il dramma non consiste semplicemente nella lamentazione dei vinti sulla loro sorte. Vi è un nucleo filosofico più profondo: nelle guerre non ci sono vincitori. Ogni guerra comporta necessariamente una continua serie di azioni abominevoli che non possono essere lasciate impunite da una giustizia superiore. I vincitori di oggi pagheranno i loro atti empi e sacrileghi con una infinita serie di lutti e traversie: distrutta la stirpe di Atreo, Odisseo condannato ad un viaggio allucinante per il Mediterraneo, l’esercito greco decimato sulla via del ritorno dai continui naufragi.

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