GMT

Giornata Mondiale del Teatro

27 marzo

E’ stata creata a Vienna nel 1961 durante il IX Congresso mondiale dell’Istituto Internazionale del Teatro

su proposta di Arvi Kivimaa a nome del Centro Finlandese.

Dal 27 marzo 1962, la Giornata Mondiale del Teatro è celebrata dai Centri Nazionali dell’I.T.I.

che esistono in un centinaio di paesi del mondo.

 

Tributo VIDEO di UILT PIEMONTE APS per la 

Giornata Mondiale del Teatro 27 marzo 2024

Biografia Jon Fosse
Scrittore, poeta e drammaturgo norvegese (n. Haugesund 1959), Fosse è uno scrittore incredibilmente prolifico e un intellettuale poliedrico, tra le voci più significative della drammaturgia contemporanea, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Samuel Beckett del XXI secolo“. Ha esordito nella scrittura nel 1983 con il romanzo “Raudt, svart” (“Rosso, nero“), sperimentando successivamente generi e stili eterogenei, quali la narrativa breve, la poesia, la saggistica e la letteratura per l’infanzia. Le sue opere sono state tradotte in oltre 40 lingue, compreso l’italiano. I primi riconoscimenti arrivano a Fosse già agli inizi degli anni Novanta, soprattutto per i suoi racconti per l’infanzia. Nel 1996, oltre a ricevere diversi riconoscimenti per le sue opere in prosa, vince per la prima volta il prestigioso Premio Internazionale Henrik Ibsen (lo vincerà nuovamente nel 2010).
Da allora, la sua attività artistica è stata costantemente accompagnata da una ricca messe di riconoscimenti, che lo portano ad aggiudicarsi, tra gli altri, il Nynorsk Literature Prize, lo Swedish Academy’s Nordista Pris, il Premio Ubu, l’European Prize for Literature. Nel 2005 viene nominato Commendatore dell’Ordine reale norvegese di Sant’Olav e nel 2007 la Francia gli conferisce l’Ordine Nazionale al Merito. Nel 2015 l’Università di Bergen, che lo vide giovane laureato nel 1987, gli ha attribuito il dottorato honoris causa e nello stesso anno ha vinto il Nordic Council’s Literature Prize. Nel 2016 è stato insignito del Premio Willy Brandt, che ha sancito il successo di Fosse in Germania, dove è ampiamente tradotto e dove registi di primo piano, come Thomas Ostermeier, lo hanno più volte portato sulle scene con grande sensibilità e successo.
I suoi testi teatrali sono stati messi in scena in tutto il mondo, affermandosi come autore di opere di struttura frugale che danno voce, con lucida analisi, al disagio che scaturisce dalle barriere comunicative poste tra gli uomini e le donne della nostra epoca, tra figure d’età diverse, tra persone disunite da vincoli famigliari, tra soggetti vivi e ombre. Già nel suo primo dramma “Nokon kjem til å komme” (“Qualcosa sta per arrivare“, 1992-93) è compiutamente espressa la cifra stilistica di Fosse, caratterizzata da una scrittura scarna e spietata, pronta a cogliere tutte le contraddizioni del linguaggio e delle reti relazionali, indagando temi quali la labilità della comunicazione, il divario generazionale e la precarietà dei rapporti familiari e di coppia. Autore del poderoso dittico sul pittore norvegese ottocentesco Lars Hertervig “Melancholia” (1995-96; traduzione italiana da Fandango Libri nel 2009), tra i romanzi più famosi di Fosse spicca “Insonni” (Fandango Libri 2011), una favola moderna dai toni dolci in cui i piccoli protagonisti, due creature simili all’Hansel e Gretel della fiaba, assistono impotenti alla crudeltà del giudizio con il cuore ancora pieno di speranza per quel miracolo che è la vita.
Come autore di intensi drammi tra i numerosi altri figurano “Natta syng sine songar” (1998; traduzione italiana con il titolo “E la notte canta” da Editoria & Spettacolo nel 2002) e “Eg er vinden” (2007; traduzione italiana “Io sono il vento” da Titivillus nel 2012; nello stesso volume compaiono anche “Variazioni di morte” e “Sonno“). Il volume “Teatro di Jon Fosse” (Editoria & Spettacolo2006) raccoglie sei drammi: “Il nome” (1995), “Qualcuno arriverà” (1996), “E la notte canta” (1998), “Sogno d’autunno” (1999), “Inverno” (2000), “La ragazza sul divano” (2002). Tra i suoi lavori più recentemente pubblicati in Italia figurano “Morgon og kveld” (2000; “Mattino e sera“, La nave di Teseo 2019) e il monumentale progetto letterario “Det andre namnet: septologien I-II” (2019; “L’altro nome: settologia I-II“, La nave di Teseo 2021). In italiano sono apparsi anche “Saggi gnostici” (a cura di Franco PerelliCue Press2018) e “Caldo” (Cue Press2018).

Jon Fosse

è l’autore del Messaggio Internazionale per la 

Giornata Mondiale del Teatro 2024.

 

E’ un’artista poliedrico norvegese,

vincitore del Premio Nobel per la Letteratura 2023

 

International Theatre Institute ITI
World Organization for the Performing Arts

Messaggio della Giornata Mondiale del Teatro 27 marzo 2024
Autore del Messaggio: Jon Fosse, Norvegia

L’arte è pace

Ogni persona è unica, ma allo stesso tempo simile a ogni altra persona. Il nostro aspetto esteriore e visibile è diverso da quello di chiunque altro – questo è appurato – ma c’è anche qualcosa dentro ciascuno di noi che appartiene a quella persona e a quella soltanto. Che è quella persona soltanto. Potremmo definirlo il suo spirito, o la sua anima. Oppure possiamo decidere di non etichettarlo con parole, ma di lasciarlo stare e basta.


Ma anche se siamo tutti diversi l’uno dall’altro, siamo ugualmente simili. Persone da ogni parte del mondo fondamentalmente si assomigliano, indipendentemente dalla lingua che parlano, dal colore della pelle o dei capelli.
 

Lo si potrebbe considerare una specie di paradosso: ci assomigliamo e siamo allo stesso tempo profondamente diversi. Forse in quanto persone siamo intrinsecamente paradossali, nel nostro legame tra corpo e anima: inglobiamo tanto l’esistenza più terrena e tangibile, quanto qualcosa che trascende questi limiti terreni e materiali. 

L’arte – la buona arte – riesce nella sua meravigliosa maniera a combinare il totalmente unico con l’universale. Ci fa capire cos’è diverso – cos’è estraneo, si potrebbe dire – in quanto universale. Così facendo, l’arte infrange le barriere tra le lingue, le regioni geografiche, i Paesi. Mette insieme non solo le qualità individuali di ognuno, ma anche, in un altro senso, le caratteristiche individuali di ogni gruppo di persone, per esempio di ogni Nazione. 

L’arte compie questo senza appianare le differenze e rendendo tutto uguale ma, al contrario, mostrandoci ciò che è diverso da noi, ciò che è alieno o straniero. Tutta la buona arte contiene precisamente questo: qualcosa di alieno, qualcosa che non è possibile capire completamente, ma che allo stesso tempo comprendiamo, in un certo senso. Contiene, così per dire, un mistero. Qualcosa che ci affascina e quindi ci spinge oltre i nostri limiti, e così facendo crea la trascendenza che tutta l’arte deve contenere in sé e che deve allo stesso tempo guidarci.

Non conosco modo migliore per mettere insieme gli opposti. Questo è l’approccio esattamente contrario rispetto a quello dei violenti conflitti che vediamo fin troppo spesso nel mondo, che concedono la distruttiva tentazione di annichilire tutto ciò che è estraneo, tutto ciò che è unico e differente, spesso usando le invenzioni più disumane che la tecnologia abbia messo a nostra disposizione. C’è terrorismo nel mondo. C’è guerra. Perché la gente ha anche un lato animale, guidato dall’istinto di percepire l’altro, l’estraneo, come una minaccia alla propria esistenza, piuttosto che un affascinante mistero.

Ecco come l’unicità – le differenze che tutti possiamo vedere – scompare, lasciandosi dietro una identicità collettiva, in cui qualsiasi cosa diversa è una minaccia da sradicare. Ciò che da fuori è visto come una differenza, per esempio nell’ideologia religiosa o politica, diventa qualcosa che va sconfitto e distrutto.

La guerra è la battaglia contro ciò che si trova dentro di noi, nel profondo: qualcosa di unico. Ed è anche la battaglia contro l’arte, contro ciò che si trova dentro tutta l’arte, nel profondo.

Ho parlato qui dell’arte in generale, non del teatro o della drammaturgia in particolare, ma l’ho fatto perché, come ho detto, tutta la buona arte, nel profondo, ruota attorno alla stessa cosa: prendere il totalmente unico, il totalmente specifico, e renderlo universale. Unire il particolare all’universale esprimendolo artisticamente: non eliminando la sua specificità, ma sottolineando questa specificità, facendola risplendere attraverso ciò che è sconosciuto e poco familiare.

Guerra e arte sono opposti, proprio come lo sono guerra e pace.

È semplicemente così.

L’arte è pace.

 

Traduzione di Annalisa Lovat (Compagnia Teatrale Colonna Infame APS)

Giornata Mondiale del Teatro 27 marzo 2024

Esplorare il diverso: una compagnia torinese in pellegrinaggio teatrale a Londra.

Come scrive Jon Fosse nel suo messaggio per la GMT 2024, “…l’arte ci mostra ciò che è diverso da noi, ciò che è alieno o straniero. Tutta la buona arte contiene precisamente questo: qualcosa di alieno, qualcosa che non è possibile capire completamente, ma che allo stesso tempo comprendiamo, in un certo senso”.

E quel diverso che stimola, fa vibrare, allarga gli orizzonti, lo vai anche a cercare fuori dai tuoi confini geografici quando sei affamato di Teatro, l’arte che ti piace respirare, giocare, agire.

 

La testimonianza di Manuela Pellati
ROSSOINVALIGIA Compagnia Teatrale a.p.s.
Consigliera Comitato Esecutivo Uilt Piemonte aps

Da tempo, noi ROSSOINVALIGIA compagnia teatrale sognavamo di andare in pellegrinaggio nella capitale  londinese, attratte dalla sua scena teatrale frizzante, varia ed in incessante evoluzione.

Londra è una meta irrinunciabile per gli amanti del teatro, perché sui palcoscenici dei suoi numerosissimi teatri si può godere di spettacoli di tutti i generi animati da compagnie internazionali: musical, stand-up, prosa, commedia…e poi il teatro di strada che azzera le distanze con il pubblico, facendo pulsare vie e piazze. Non esiste giorno, non esiste notte, esiste una città accesa dal teatro e brulicante di pubblico.

Finalmente quest’anno ce l’abbiamo fatta! Ci siamo regalate questa full immersion rigenerante, spaziando ed impazzando: corse perdifiato in metropolitana per raggiungere i teatri disseminati tra il West End e Kilburn, quattro spettacoli in due giorni, e poi a Covent Garden tra le performance degli attori di strada, infine una puntatina al Globe Theatre per un saluto a zio Willy.  Per non perderci ci siamo affidate nelle mani di un professionista che ci ha guidato in questa avventura: Francesco Giorda. Attore e autore comico, regista e videomaker torinese, Francesco da oltre vent’anni porta i suoi spettacoli nei festival, nei teatri e nelle piazze di tutta Europa, oltre ad essere una delle colonne portanti del mitico Teatro della Caduta, un’istituzione torinese.

Grazie a Francesco abbiamo compreso l’unicità dei buskers, gli artisti che fanno della strada la loro scena. Lui è stato un juggler (giocoliere) e un busker sia all’estero, sia in Italia ed i suoi occhi sono accesi da quello spirito anarchico e girovago che anima gli artisti di strada.

Un tempo c’era l’orto di un convento, poi un mercato di fiori e verdura, oggi Covent Garden è popolato da negozi di cappelli, di monili ed oggetti di design, ristorantini ed è il luogo per gli spettacoli di strada più famoso al mondo.

E così di fronte a Saint Paul, la chiesa degli attori, abbiamo potuto ammirare l’istrionismo di un busker che in venti minuti di performance ha creato una situazione inaspettata, senza che nessuno l’avesse annunciato o presentato; ha conquistato chi era lì per caso, tenendo tutti dentro a quel cerchio che gli si è creato intorno, intercettando l’attenzione di un pubblico disomogeneo, esprimendo in un crescendo tutta la sua arte lo ha legato a sé perché non si aprissero falle, perché se pezzi del cerchio se ne fossero andati ‘la situazione si sarebbe rotta’. Ma, come ci spiega Francesco, può anche succedere che quella non sia la volta buona e il busker, nella sua grande libertà, decida di interrompere la sua performance, se capisce che il pubblico non è con lui. Lui è padrone di se stesso e della situazione; il pubblico è lì per caso, non si aspetta niente e nel niente tornerà a disperdersi.

Lo spettacolo teatrale che ci ha folgorato? Senza dubbio ‘The book of Mormon’, il musical che non vedremo mai in Italia perché nessuno avrà mai il coraggio di mettere in scena i suoi messaggi dissacranti ed irriverenti che scuotono il pubblico con ironia blasfema, facendolo esplodere in risate irrefrenabili, portandolo infine a riflettere sull’influenza della religione. Il tutto presentato con una tecnica e sapienza coreografica raffinate e ammalianti. E’ stato contrastante, edificante.

Siamo rimaste colpite dalla fruizione teatrale londinese, così diversa da quella italiana.
Sì perché a Londra il Teatro è una passione nazional-popolare. Lì non si dice ‘vado a teatro la tal sera…ogni tanto uno spettacolo me lo concedo’, lì a teatro si va e spesso. Ed alle 14 di un venerdì pomeriggio, trovi una sala da 1.160 posti piena come un uovo per uno spettacolo ormai in scena da 6 anni nel West End. A Londra il Teatro è un intrattenimento per tutti: i bambini vengono cresciuti a musical, i vecchi se si muovono male entrano in sala per primi accompagnati da una maschera, che serve loro un bicchiere di vino rosso. E la platea? Gli inglesi tanto sono disciplinatamente disposti in coda per entrare a teatro, quanto sono vivaci, rumorosi e partecipi in sala. E così seduta vicino a te puoi trovare una signora che tra il primo ed il secondo tempo tira fuori il suo lavoro a maglia per sferruzzare un po’, oppure un distinto signore che mangia il suo sandwich ed i rumori della sua dentiera ti accompagnano per tutto il primo tempo o spettatori che interagiscono con gli attori anche se non interpellati…sarà che discendono dal pubblico del Globe che nel XVI secolo assisteva agli spettacoli di Shakespeare mangiando, bevendo e criticando gli spettacoli ad alta voce? I teatri di Londra difficilmente rimangono con posti vuoti, perché se i biglietti rimangono invenduti scatta il last minute selvaggio fino all’ultimo, inoltre ci sono teatri che vendono ‘posti in piedi’ per chi non può permettersi la poltrona. Il Teatro a Londra è un bene comune. E’ un luogo di socialità: nei foyer la gente si parla, si scambia punti di vista e ci sono spettacoli che cominciano già con le incursioni degli attori tra il pubblico in attesa per entrare.

E poi la stand-up nello storico Comedy Store nel West End, un MUST che ci ha travolto con la sua incalzante, feroce ironia ed in due ore di spettacolo caleidoscopico ci ha lanciato i diversi punti di vista di 4 comedians: un’australiana, un irlandese, un indiano ed un nigeriano.

Siamo rientrate in Italia ebbre di teatro, stanche di emozioni che hanno richiesto giorni per essere metabolizzate. Pronte ‘to save money’ per il prossimo pellegrinaggio teatrale londinese: uno all’anno, almeno, per uscire dal guscio ed esplorare il diverso attraverso il Teatro!

Manuela Pellati
ROSSOINVALIGIA Compagnia Teatrale a.p.s.
Consigliera Comitato Esecutivo Uilt Piemonte aps

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