“l’editoriale” a cura di Pinuccio Bellone
Mi scuso in anticipo per l’utilizzo delle parole iniziali del Salmo, che tutti conosciamo, per queste poche righe. Lo faccio per avere uno spunto, non casuale, per proporre un ragionamento alla luce di quanto appena successo.
Dal profondo, dall’abisso, dall’oscurità sorge spontaneo, oggi, un ricordo, un pensiero.
Un altro pezzo di italica cultura se n’è andato, ma quello che mi colpisce particolarmente non è il fatto che il grande Glauco Mauri abbia “lasciato le scene”, ma il contesto nel quale la cosa si è verificata.
Provo a ragionare e mi pongo una domanda: “Quanto è particolare che una persona alla vigilia del suo 94° compleanno non riesca a debuttare con il suo nuovo spettacolo e lasci orfane migliaia di persone?”.
Poi, però, mi ritrovo subito a pensare che questa domanda non è stata formulata correttamente perché il vero senso del mio ragionamento parte da una considerazione diversa… “Come mai si va ancora in scena a 94 anni con un testo non così conosciuto?”…
Perché si è liberi!!!!
Liberi di scegliere un’epistola composta da tante epistole, una serie di profonde sensazioni personali indirizzate ad un amico/amante che è libero, mentre chi scrive quel testo è prigioniero, sia di quattro mura buie e fredde, sia della propria condizione umana non così consona al periodo che lo stesso vive.
Liberi di stupire facendo scelte difficili, non dettate da motivazioni strettamente opportunistiche, perché si “vuole” fare e non si “deve” fare.
Liberi di essere, continuamente, sotto i riflettori che contano perché illuminano una carriera voluta e sempre dettata dalle condizioni di essere accettato per quello che si è e si produce, mai dalla convenienza di fare quello che gli altri desiderano tu faccia.
Liberi, per essere veramente liberi: nel pensiero, nelle azioni, nell’amore.
Liberi e basta! Perché, se come sostiene Gaber, “la libertà è partecipazione”, Glauco Mauri ha partecipato attivamente alla cultura italiana, a cavallo degli ultimi due secoli, in modo attivo, produttivo, scegliendo, provocando stupore, affascinando, facendoci crescere, ma sempre solo sotto i riflettori che contano ovvero quelli che illuminano un palcoscenico e mai quelli che danno luce a esistenze effimere che passano e non lasciano alcun segno.
De profundis… la sua messa in scena assume, alla luce di quanto è successo, un significato davvero importante non solo perché non è avvenuta, non solo perché riportava alla luce un pezzo di Oscar Wilde non così conosciuto e soprattutto personale e non scritto per le platee, ma anche perché costituiva un vero e proprio omaggio a Roberto Sturno, mancato un anno fa con il quale Glauco Mauri, nel 1981, aveva fondato l’omonima Compagnia.
Dal profondo, dall’abisso, dall’oscurità sorge spontaneo, oggi, un ricordo, un pensiero.
Una battuta in un film recita “Non sei triste perché piove…. Ma piove perché tu sei triste” … e tutti noi, da oggi, abbiamo un ombrello in più da aprire.
Pinuccio Bellone