Nel nome del padre

di Luigi Lunari, regia Stefano Sandroni

Una donna ed un uomo si ritrovano in una sorta di limbo, un “non-luogo” e “non-tempo” che i due
sono costretti a condividere con l’intento di liberarsi dal proprio drammatico passato per adire
finalmente ad una meritata pace eterna. Rosemary e Aldo, realmente esistiti, provengono da due
mondi opposti e sono figli di due famosi uomini politici,
di contrapposte posizioni ideologiche, che hanno
segnato la storia. Lei figlia di un diplomatico
capitalista, vero e proprio protagonista del mondo del
potere e del danaro, lui figlio di un leader comunista,
perseguitato politico costretto all’esilio all’estero per
molti anni. Entrambi i figli sono rimasti
irrimediabilmente schiacciati dalla personalità e dalle
ambizioni – pur così diverse – dei loro padri, pagando
un prezzo durissimo.
Una “commedia sentimentale” – come la definisce Lunari stesso – che si sviluppa nel dramma di
questi due personaggi che si svelano gradualmente, attraverso un dialogo serrato e liberatorio a
tratti ironico, tenero, duro e commovente, che li porterà, nel comune addormentarsi nella morte,
verso un meritato lieto fine.

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