Alberto SORDI

Roma, 15 giugno 1920 – Roma, 24 febbraio 2003) è stato un attore cinematografico, regista, sceneggiatore doppiatore italiano

 

Importante interprete della storia del cinema italiano, con Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni fu uno dei “mostri” della commedia all’italiana, nonché, insieme ad Aldo Fabrizi e Anna Magnani, rappresentante della romanità. Si è cimentato anche in ruoli drammatici dove ha dato prova della sua versatilità di attore.

Quarto figlio di Pietro Sordi, professore di musica e strumentista, titolare della tuba contrabbassa, dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, e di Maria Righetti  insegnante elementare, nacque in via S. Cosimato, 7 (la casa scomparve nel 1930 per fare spazio alla costruzione del Palazzo delle Sacre Congregazioni Romane) nel rione popolare di Trastevere, lo stesso di Claudio Villa e di tantissimi altri artisti del primo dopoguerra; successivamente trascorse in parte i suoi primi anni nella cittadina di Valmontone. Già nelle scuole elementari iniziò a improvvisare piccole recite con un teatrino di marionette per un pubblico di suoi coetanei, oltre a cantare come soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina diretto da don Lorenzo Perosi.

Cresciuto, studiò canto lirico e si esibì sulla scena operistica, come basso, per un certo periodo della sua giovinezza. Nel 1936 incise un disco di fiabe per bambini per conto della casa discografica Fonit e con il ricavato partì per Milano, dove si iscrisse al corso di recitazione all’Accademia dei Filodrammatici. Per trasferirsi al nord abbandonò gli studi all’Istituto di Avviamento Commerciale (conseguì comunque come privatista il diploma di ragioniere alcuni anni più tardi per fare contenta la madre). Sordi raccontò in una puntata del Maurizio Costanzo Show che un giorno, durante la frequenza dell’Accademia, l’insegnante di dizione lo chiama in disparte e gli dice: «Lei dice guèra, ma si dice guèrra». Lui risponde: «Me se strigne ‘a gola a di’ guèrra». Verrà espulso, proprio a causa della sua dizione di influsso dialettale.

Con lo scoppiare della Seconda guerra mondiale, Sordi indosserà l’uniforme del Regio Esercito, prestando servizio presso la banda musicale presidiaria dell’81º Reggimento fanteria “Torino”, accompagnando le partenze dei militari italiani per la breve campagna francese.
Una volta entrato nel mondo della celluloide, non trascurò le sue origini musicali: nel 1956, realizzò una commedia che narrava le turbolenti vicende di uno studente di canto, molto viziato, presuntuoso e mantenuto dall’esasperato suocero (Aldo Fabrizi), che aspira a calcare le scene della lirica. Il film s’intitola Mi permette babbo! ed è diretto da Mario Bonnard; vi compaiono anche cantanti lirici che, all’epoca, erano delle autentiche celebrità, tra cui il poderoso basso senese Giulio Neri. Nel 1957 Sordi si iscrisse alla SIAE come suonatore di mandolino, strumento che conosceva bene dato che durante la seconda guerra mondiale aveva fatto parte della banda dell’esercito. Ottenne la qualifica di “Compositore melodista”.

Rientrato nella capitale, nel 1937 trovò lavoro come comparsa a Cinecittà (appare nel film kolossal Scipione l’Africano in un ruolo da generico di un soldato romano e in Giarabub, di Goffredo Alessandrini, in cui interpreta la parte di uno dei soldati a presidio dell’oasi) e vinse un concorso indetto dalla Metro Goldwyn Mayer per doppiare la voce di Oliver Hardy (inizialmente doppiava con lo pseudonimo Albert Odisor, insieme a Mauro Zambuto che prestava la voce a Stan Laurel). Come doppiatore lavorerà fino al 1951 dando la voce tra gli altri a Bruce Bennett, Anthony Quinn, John Ireland, Robert Mitchum, Pedro Armendariz e, per gli italiani, a Franco Fabrizi e persino Marcello Mastroianni.
La sua voce è riconoscibilissima anche nei capolavori di Frank Capra La vita è meravigliosa (1946) e di Vittorio De Sica Ladri di biciclette (1948) nonché nel film di Alessandro Blasetti Prima comunione (1950) e nel curioso I pinguini ci guardano (1956) diretto da Guido Leoni, dove gli animali presenti nella pellicola parlano con le voci di famosi attori. Per una bizzarra curiosità, soltanto due volte si trovò come interprete ad essere doppiato da un altro attore: nel film Cuori nella tormenta diretto da Carlo Campogalliani nel 1940, venne doppiato da Gualtiero De Angelis, e nel film Il Passatore diretto da Duilio Coletti nel 1946, dove interpretava il ruolo di un brigante, gli prestò la voce Carlo Romano.

Nel teatro leggero, dopo un tentativo infruttuoso con la compagnia di Aldo Fabrizi e Anna Fougez avvenuto nella stagione 1936-1937 nello spettacolo San Giovanni, ritentò in quella seguente (la 1937-1938) insieme con un amico d’infanzia e compagno di scuola formò un duo di imitatori e fantasisti durato per poco tempo, e riuscì finalmente a debuttare nel teatro di rivista come ballerino di fila nella compagnia di Guido Riccioli e Nanda Primavera nella stagione 1938-1939 con lo spettacolo Ma in campagna è un’altra… rosa.
Ad esso fanno seguito, nella stagione 1941-1942 Tutto l’oro del mondo con la compagnia di Guido Fineschi e Maria Donati, Teatro della caricatura (1942) accanto a Fanfulla, Ritorna Za-Bum (1943) e Sai che ti dico?(1944) entrambe scritte da Marcello Marchesi e dirette da Mario Mattòli, la rivista musicale Un mondo di armonie (1944) di Alberto Semprini, Imputati… alziamoci! (1945) di Michele Galdieri, Soffia so… (1946) di Garinei & Giovannini, E lui dice… (1947) di Benecoste diretto da Oreste Biancoli e Adolfo Celi e infine, nella stagione 1952-1953, Gran baraonda scritto e diretto sempre da Garinei & Giovannini, che sarà la sua ultima apparizione sul palcoscenico, accanto a Wanda Osiris, che avrà modo di dirigere nel 1973 in una sequenza significativa del film Polvere di stelle.

È alla radio, tra il 1946 e il 1950, che comincia ad ottenere un grande successo personale. Nel 1946, ispiratosi agli ambienti dell’Azione cattolica, con ironia fa nascere la sua satira dei personaggi de I compagnucci della parrocchietta, descritti parlanti, un po’ nel naso e con un atteggiamento da persona “come si deve”. Il personaggio nel 1951, è rielaborato nel protagonista del film Mamma mia che impressione!. Lì diviene una caricatura con le fattezze del boy scout, un bambinone cresciuto, sempre in divisa, con il fare da pettegolo e ficcanaso, al limite dell’indisponenza, descritta con comicità.
È il successo che segue con le trasmissioni di Corrado che lo lancia attraverso Rosso e nero (1951), Oplà (1947) e Vi parla Alberto Sordi (1948)-(1950), dove crea alcuni personaggi destinati alla grande popolarità: il Signor Dice in collaborazione con Fiorenzo Fiorentini ed Ettore Scola, il Conte Claro, e Mario Pio.

Quest’ultimo personaggio verrà proposto anche al cinema nel film d’esordio di Mauro Bolognini, Ci troviamo in galleria del 1953, oltre naturalmente alla riproposizione radiofonica, durante la stagione 1968-1969, nella storica trasmissione Gran varietà e inoltre da Alighiero Noschese, nel 1970, nella fortunata trasmissione satirica Doppia coppia.
Al mezzo radiofonico, sempre nel 1947, dedicherà anche una sorta di omaggio con il sottovalutato, ma notevole, Il vento m’ha cantato una canzone diretto da Camillo Mastrocinque, accanto a Loris Gizzi, Galeazzo Benti eLaura Solari, riemerso di recente dall’oblio in una pubblicazione su DVD, dove impersona l’amico di un cantante desideroso di sfondare a livello nazionale in un radiodramma sponsorizzato di una fantomatica (e per l’epoca inesistente) radio privata italiana, Radio Sibilla.

Per lui riesce a organizzare in semi clandestinità uno spettacolo ricco di brio e di trovate originali, ottiene un successo clamoroso ma rischia di perdere la fidanzata, la quale, si sussurra, lo tradisce proprio con lo sponsor e proprietario della radio, prima di ristabilire la verità con il chiarimento di ogni equivoco.

Sempre alla radio nascono anche alcune sue canzoni o meglio “ritmi” che gli danno una discreta popolarità.
Nel cinema per oltre dieci anni interpreta ruoli minuscoli e poco significativi in una ventina di film, ad eccezione di quello sostenuto in I tre aquilotti di Mario Mattòli, dove era tra i protagonisti, nel film di Mastrocinque sopra accennato, e ha anche l’occasione di lavorare con il grande attore genovese Gilberto Govi e un giovane Walter Chiari nel ruolo di un impresario argentino nel film Che tempi!, versione cinematografica della commedia teatrale Pignasecca e Pignaverde di Emerico Valentinetti.
Si fa notare nel 1950 con una pellicola sceneggiata da Cesare Zavattini, prodotta e in massima parte diretta in forma anonima da Vittorio De Sica, Mamma mia che impressione!, che pur trasportando nel cinema il modello di recitazione tutto verbale sperimentato in radio, contribuì a creare un personaggio assai originale (il Compagnuccio della Parrocchietta) che ripropose poi in altri lavori minori.
Tra questi film misconosciuti, fu perduto e ritrovato fortunosamente nel giugno 2003 dalla Cineteca di Bologna in una copia incompleta e pubblicato in DVD: Lo scocciatore (Via Padova 46), diretto nel 1953 da Giorgio Bianchi, dove Sordi interpretò il ruolo di un vicino di casa petulante oltre ogni misura e gran scocciatore di un modesto impiegato (Peppino De Filippo), tutto proteso alla ricerca di un’avventura galante con una bella donna.

Tra il 1952 e il 1955 la popolarità di Sordi esplose sul grande schermo, dapprima con due film diretti da Federico Fellini, Lo sceicco bianco (1952) e I vitelloni (1953), e poi con alcuni diretti da Steno, Un giorno in pretura (1953), Un americano a Roma (1954) e Piccola posta (1955), dove costruisce il tipo del ragazzo un po’ vigliacco, carogna, approfittatore, indolente e scansafatiche, infantile e qualunquista che lo accompagnerà per tutti gli anni cinquanta. Lo sceicco bianco ebbe un esiguo successo di pubblico. Maggiore successo ebbe con il ruolo, non protagonista, ne I vitelloni. Il successo ed il favore presso il grande pubblico iniziò, però, di fatto, interpretando il personaggio di Ferdinando (detto Nando) Moriconi in Un giorno in pretura. Con “America’ facce Tarzan!” la popolarità dell’interpretazione fu tale che il personaggio venne sviluppato, ribadito e consacrato in Un americano a Roma, trionfo travolgente ed autentico al botteghino, con un incasso di circa 380.370.000 di Lire.

La popolarità divenne molto consistente, nonostante ancora pochi anni prima fosse molto controversa (i noleggiatori delle pellicole avevano richiesto che il suo nome non comparisse sui manifesti de I vitelloni a causa della presunta modesta simpatia presso il pubblico cinematografico, anche perché Lo sceicco bianco fu un vero flop, soprattutto di critica) ma fortunatamente la caparbia fiducia che Fellini aveva nelle capacità di Sordi fece sì che il malinconico e cinico personaggio di “Alberto” nei “Vitelloni” lo lanciasse nell’Olimpo dei divi e quindi Sordi si trovò, di lì in avanti, a recitare senza soluzione di continuità, arrivando a girare sino a 10 pellicole l’anno.
Con l’avvento della commedia all’italiana ha dato vita a una moltitudine di personaggi quasi tutti negativi di italiano medio, poco edificanti, ma rispondenti a una realtà evidente e dipinti con una cattiveria a volte inficiata da un sospetto di compiacimento, ma sempre riscattata da un magistero recitativo senza eguali, molte volte collaborando anche al soggetto e sceneggiatura dei film interpretati (190 in tutto, dei quali si ha certa la sua partecipazione a soli 146/147) e alle diciannove pellicole da lui dirette.
I personaggi di Sordi sono tendenzialmente prepotenti con i deboli e servili coi potenti, a cui cercano di mendicare qualche misero privilegio. Secondo alcuni proporre personaggi di questo tipo darebbe il “cattivo esempio”, porterebbe infatti certi spettatori che altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di rivendicare la propria pochezza, ad avere un alibi e addirittura un esempio da seguire, sentendosi rappresentati e legittimati[

È praticamente impossibile enumerare tutte le sue interpretazioni, ma si devono citare almeno alcuni personaggi che hanno fatto la storia della nostra commedia: tra questi il maestro elementare supplente Impallato, che scopre per caso un allievo prodigio nel canto lirico e lo sfrutta per ottenere riconoscimenti e ricchezza in Bravissimo (1955) di Luigi Filippo D’Amico, il gondoliere rivale in amore di Nino Manfredi in Venezia, la luna e tu (1958) di Dino Risi, il marito vessato dalla moglie e colmo di debiti ne Il vedovo (1959) sempre diretto da Risi insieme a una strepitosa Franca Valeri (una delle poche attrici brillanti, oltre Monica Vitti e Silvana Mangano, che hanno saputo duettare insieme a lui ad alti livelli recitativi, con classe ed eleganza), lo spregevole componente di una commissione censoria che giudica impietosamente manifesti e film piccanti e nel privato recluta a fini immorali ballerine di night-club ne Il moralista (1959) di Giorgio Bianchi.
A partire dal toccante capolavoro La grande guerra (1959) diretto da Mario Monicelli nel quale era un soldato pelandrone e imboscato costretto suo malgrado a morire da eroe,dimostra un talento straordinario nel calarsi psicologicamente anche in personaggi drammatici quando non apertamente grotteschi, dagli anni sessanta in poi.

Basti citare il sottotenente Innocenzi di Tutti a casa (1960) di Luigi Comencini, il vigile inflessibile costretto a genuflettersi davanti al potente di turno ne Il vigile (1960) di Luigi Zampa, il giornalista Silvio Magnozzi di Una vita difficile (1961) di Dino Risi, l’industriale fallito disposto a vendere un occhio per riassestare le sue finanze e accontentare una moglie sin troppo esigente ne Il boom (1963) di Vittorio De Sica, il medico della mutua disposto a qualsiasi compromesso per diventare primario in una clinica di lusso nel dittico Il medico della mutua (1968) di Luigi Zampa e Il Prof. Dott. Guido Tersilli, primario della clinica Villa Celeste, convenzionata con le mutue (1969) di Luciano Salce, l’editore partito alla ricerca del cognato disperso in Africa in Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968) di Ettore Scola, il marito innamorato pazzo della propria moglie di Amore mio aiutami (1969) insieme con Monica Vitti, il geometra incarcerato senza motivo mentre si trova in vacanza di Detenuto in attesa di giudizio (1971) di Nanni Loy (per questo ruolo si aggiudicò nel 1972 l’Orso d’argento al Festival di Berlino) il baraccato che una volta all’anno insieme alla moglie (Silvana Mangano) organizza interminabili partite a carte nella villa lussuosa di una ricca e bizzarra signora con segretario ed ex amante al seguito (gli ottimi Bette Davis e Joseph Cotten) in Lo scopone scientifico (1972) di Luigi Comencini, il venditore d’armi di Finché c’è guerra c’è speranza diretto da lui stesso, fino al drammatico ruolo che recita in Un borghese piccolo piccolo (1977) di Mario Monicelli, che rappresenta il suo apice. Con Monicelli recitò nuovamente nel doppio, beffardo e amaro ruolo sostenuto ne Il marchese del Grillo(1981).

Affrontò anche libere trasposizioni di Molière (Il malato immaginario del 1979 e L’avaro del 1990, entrambi diretti da Tonino Cervi) e Romanzo di un giovane povero (1995) di Ettore Scola, il quale, nel 2003, dopo la sua morte, gli dedicherà il film Gente di Roma. Detentore di ben cinque Nastri d’Argento, di sette David di Donatello e altri numerosissimi premi minori, ottiene nel 1995 il prestigioso Leone d’Oro alla carriera al Festival di Venezia.

Nel 1969 è stato membro del VI Festival Cinematografico Internazionale di Mosca.
Come regista diresse in totale 18 pellicole, a partire dal 1966, quando ne realizzò due: Fumo di Londra, basato sulle manchevolezze comportamentali e sociali di un italiano in trasferta all’estero (tematica già affrontata da Gian Luigi Polidoro in molti suoi film, tra cui Il diavolo con Sordi stesso, dove cominciò anche ad introdursi nel campo della regia, poiché la pellicola era quasi del tutto improvvisata) e Scusi, lei è favorevole o contrario?, ritratto di un agiato commerciante di tessuti, separato dalla moglie, con tante amanti da mantenere quanti sono i giorni della settimana in un’Italia scossa dalle polemiche sul referendum divorzista.
I suoi lavori migliori dietro la macchina da presa rimangono Un italiano in America (1967), insieme con Vittorio De Sica, di gran lunga quello più riuscito assieme al sempre attuale Finché c’è guerra c’è speranza (1974) e al già citato Amore mio aiutami (1969), e l’episodio Le vacanze intelligenti del collettivo Dove vai in vacanza? (1978).

Di spessore decisamente inferiore nel complesso risultano invece i film girati nell’ultima declinante fase della sua carriera, dagli anni ottanta in poi (che inaugurò con il film Io e Caterina, 1980): declino in parte condizionato dal tramonto in generale del filone della commedia all’italiana, ma in buona parte dovuto ad una certa tendenza di Sordi stesso a riproporre in quegli anni un tipo di personaggio ormai datato e non più molto originale.
Tuttavia, restano memorabili l’interpretazione del tassinaro nel dittico di film Il tassinaro (1983, dove si produce in duetti irresistibili con Giulio Andreotti e con il vecchio amico Federico Fellini), e Un tassinaro a New York (1987) e la collaborazione con Carlo Verdone, da molti considerato il suo naturale erede (pur perseguendo stili e tematiche assai diverse) nei film In viaggio con papà (1982) e Troppo forte (1986), quest’ultimo diretto però da Verdone.

Ma il film da lui preferito, tra gli ultimi diretti, rimane senz’altro il malinconico Nestore, l’ultima corsa (1994), dove interpretò un vetturino non ancora rassegnato a portare il suo cavallo al macello. Le sequenze del mattatoio sono rimaste di una durezza sconcertante e pressoché inedite per un film di Sordi. L’ultima pellicola da lui diretta fu il mediocre e sfortunato Incontri proibiti (1998) accanto a Valeria Marini, presentato ancora nel 2002 sul grande e piccolo schermo con montaggio diverso e un altro titolo, Sposami papà.
Non sono da sottovalutare inoltre i proficui sodalizi artistici con lo sceneggiatore Rodolfo Sonego, che lavorò in moltissimi suoi film dal 1954 in avanti (Il seduttore di Franco Rossi è il suo esordio) e con il compositore Piero Piccioni, che ha firmato molte delle colonne sonore dei suoi film più celebri, nonché di alcune delle sue famose canzoni irriverenti e un po’ cattivelle.
Il giorno del suo ottantesimo compleanno, il 15 giugno 2000 il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, gli cedette per un giorno lo “scettro” di quella città di cui è stato il figlio prediletto, e di cui aveva canzonato salacemente vizi e false virtù. Una delle sue ultime apparizioni televisive risale al 18 dicembre 2001, nel programma Porta a Porta condotto da Bruno Vespa e dedicato interamente a lui. Dopo questa serata apparirà ancora nel luglio del 2002 nel programma Italiani nel mondo presentato da Pippo Baudo e poi, per l’ultima volta, in un filmato girato nel suo studio che verrà proiettato solo per il pubblico del Teatro Ambra Jovinelli di Roma dove, nel dicembre 2002, verrà organizzata una serata in suo onore.

Era un grande tifoso della Roma.

Colpito da tumore ai polmoni due anni prima, afflitto durante l’intera stagione invernale da forme di polmonite e bronchite, Alberto Sordi muore nella notte del 24 febbraio2003 all’età di 82 anni, nella sua casa di Via Druso, già via della Ferratella, posta all’interno del parco archeologico delle Terme di Caracalla e fatta costruire nel 1933 da Alessandro Chiavolini, per molti anni segretario particolare di Benito Mussolini.[18]
La salma, sottoposta a imbalsamazione, viene traslata nella sala delle armi del Campidoglio, dove per due giorni riceve l’omaggio ininterrotto di una folla immensa; il 27 febbraio si svolgono i funerali solenni nella Basilica di San Giovanni in Laterano davanti a circa 500.000 persone. Sordi riposa oggi nella sua tomba di famiglia, presso il cimitero monumentale del Verano. L’epitaffio sulla lapide recita: Sor Marchese, è l’ora, battuta ripresa da uno dei suoi film più famosi e riusciti, Il marchese del Grillo.

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